venerdì 20 dicembre 2013

Una storia di Natale

di Roberto Mancini.

Ci fu un tempo, nel cuore vero della Germania, in cui i racconti e le leggende dei viandanti sembravano prender forma malgrado quello che ne pensasse la gente. All’epoca il folclore locale era importante quanto e più del giudizio di un capo villaggio o del parroco, e tanto più solido degli alberi secolari nel profondo della Foresta Nera.
E proprio nel cuore di quella selva, in quel peiodo sorgeva un piccolo villaggio popolato da poche anime, tutte col tormento di un malvagio Krampus che soleva movimentare le fantasie notturne della gente.
Ora, questi Krampus sono una malvagia specie di demoni che trovano giovamento nel tormentare i sogni degli uomini e divorare i corpi dei bambini, che invero giudicano deliziosi e nutrienti. Poiché in quegli anni ancora si sapevano costruir case come si deve, le abitazioni di quel piccolo villaggio, basse e in solida pietra, erano per lo più arredate con magnifici e funzionali camini, così com’era in uso per scaldarsi e cucinare, che necessariamente buttavano all’esterno i fumi mediante spaziosi comignoli.
Quel malaugurato Krampus aveva quindi escogitato il modo migliore per avere libero accesso nella case delle famiglie spaventate passando proprio da questi, e per quanto i padri solessero sorvegliare il camino per un’intera notte, accadeva sempre che qualcuno s’addormentasse lasciando via libera al demone affamato.
Una sorveglianza costante si rivelò presto inefficace, così come il chiudere i camini impensabile per via dell’intenso freddo. Pareva che nulla potesse arrestare il Krampus, nemmeno gli interventi del prete del luogo che, per quanto ce la mettesse tutta, non sembrava esser poi così convinto delle proprie capacità clericali. Solo la scomparsa prematura e totale di tutti i pargoli del villaggio avrebbe posto un freno a quella terribile pestilenza, costringendo forse il demone a lasciare la zona per raggiungere un luogo più popoloso. Ma come c’è da aspettarsi, le madri e i padri di quel paesello non erano per nulla rassegnati a una tale eventualità.
Sotto la pressione della popolazione tutta, il parroco si ricordò di un tale vescovo che in quei giorni stava portando visita nelle basiliche e nelle cattedrali di tutto il territorio. Così, in fretta e furia, si preparò per il viaggio e partì alla volta della città più vicina da cui aveva avuto notizia della recente presenza del sant’uomo.
Questo Nicola da Myra, vescovo dell’Anatolia, si trovava esattamente dove doveva essere. Forse per grazia di Nostro Signore, forse per concessione della Santissima Vergine, egli fu costretto a ritardare la partenza perché il suo cavallo aveva perso un ferro sulla via per Friburgo. Costretto a tornare indietro, s’imbatté nel prete disperato sulla soglia della chiesa di S. Irmina.
Il pastore raccontò a quel mistico del Krampus e del terribile destino dei bambini del suo villaggio. Nicola ascoltò con attenzione le sue parole facendosi sempre più cupo in volto. Al termine dal racconto, risoluto, il vescovo si recò dapprima negli uffici della guardia cittadina, da cui si fece consegnare due sacchi pieni di quei ferri usati per bloccare i polsi dei criminali; subito dopo tornò presso l’altare di S. Irmina, e poiché quel pomeriggio era ancora il 24 di dicembre, giorno della Santa, Nicola benedì quella ferraglia e caricò i sacchi uno sul cavallo del prete, l’altro sul proprio destriero, che nel frattempo era stato riferrato.
I due partirono al galoppo alla volta del villaggio.
Nelle due ore successive, un’abbondante nevicata cadde a colmare i vuoti lasciati dalla precedente, cosicché quando i due religiosi giunsero al piccolo borgo i camini eran già tutti fumanti e i comignoli liberi dal bianco mantello. La notte, però, non era ancora calata, così Nicola passò di casa in casa sistemando uno dei ferri alla base di ogni camino.
«Se la Bestia scenderà di qua», disse, «quale che sia la sua scelta troverà pan per i suoi denti. Dovete aspettare e nel giorno del Cristo Redentore, vedrete che la troverete a bestemmiare intrappolata sul pavimento.»
E così fu.
Nottetempo, il Krampus aveva deciso di saltare dentro uno dei comignoli in baffo al figlio di Dio, a cavallo della Sua festività a dimostrazione che nemmeno quella santa notte avrebbe potuto nulla contro di esso. Ma le cose andarono in maniera diversa: come mise la zampa fuori dal camino e dentro la stanza, i ferri scattarono e imbrigliarono gli zoccoli caprini tra di loro e al pavimento, costringendo il demone a inginocchiarsi di fronte alla benedizione del vescovo. Svegliati dalle bestemmie, il padre e la madre del bambino di quella casa corsero giù e poi diedero l’allarme.
La maledizione era finita.
All’alba del 25 dicembre, Nicola accorse maledicendo il krampus e ponendo sulla sua testa una condanna: per la durata della sua esistenza immortale, esso avrebbe servito i bambini, proteggendoli e portando doni ai più buoni ogni anno in quella stessa notte. Così come nella sua vita demoniaca aveva donato la morte ai pargoli, così in questa nuova eternità avrebbe elargito loro gioia e benevolenza.
Non ci crederete, ma col passare degli anni quello stesso Krampus finì per affezionarsi ai fanciulli e all’amore incondizionato che erano capaci di donargli. La sua maledizione divenne una missione ed egli si circondò degli spiriti e dei folletti della notte affinché lo aiutassero a far felice ogni bambini in ogni parte del mondo. 
Da allora e per sempre. 

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