lunedì 8 ottobre 2012

Il canto delle rocce

di Massimo Capanna

Vento.
Mi scorre sulla pelle mentre finalmente gli ultimi raggi di sole calano. Quella immensa palla di fuoco sospesa in aria, cosi chiara, cosi dolorosa ai miei occhi.
Vento. Scorre attorno a me, si muove per le via della città, mi porta suoni e odori, mi porta pensieri e sensazioni.
Vento. Mi porta via silenziosamente su ali invisibili, alzandomi verso il cielo scuro. Lo sento tra i capelli, gonfia il mio mantello che si solleva e sinuosamente si muove, facendo danzare la creatura ricamata su di esso. Spire che danzano in una vita serpentina con ondulazioni di oro e bronzo, mentre il nero la circonda .
Vento. Mi porta il silenzio, ora che sono fuori dalla città, o quello che passa per silenzio da queste parti. Mi porta i rumori della foresta vicina, mille creature che cacciano, amano, uccidono e vivono.
Vento. Alza polvere attorno a me, mentre seguo la strada accompagnata dal suono dei mie passi che muovono il terriccio; mi irrita gli occhi, volti verso il basso a cercare sollievo dall'abbacinante luce che mi tormenta in questo luogo. La mia ombra nitida dietro di me si staglia scura sulla strada. Ombre, si muovono attorno a me, seguendo la gente in silenzio, copiando i loro movimenti in una muta pantomima delle vite che inseguono.  Ombre, cosi comuni in una terra di luce, cosi scontate per gli abitanti di questi luoghi, ombre che come me osservano meravigliate queste creature fatte di colori e suoni. Colori intensi suoni forti.
Sento il rumore della cotenna sul metallo che stride. Seguo movimenti monotoni, precisi. Scorro con gli occhi la lunghezza della lama, lentamente, rincorrendo il riflesso del sole sul filo dell'arma ignorando il passare delle carovane attorno a me, almeno in apparenza.  Persone e animali che affollano normalmente la strada di fronte allo spiazzo che divide la rocca alle mie spalle dal resto della città. Soddisfatta del risultato rimetto l'arma nel fodero che giace nell'erba, mi accorgo che faccio scappare un insetto che aveva eletto la pesante copertura di cuoio e legno a riparo dal sole.

L'imponente ombra dell'edificio si allunga e incombe su me, raggiungendomi infine mentre seguo il rapido guizzare dell'insetto fuggiasco, perdendolo di vista quando finisce in un folto gruppo di fiori violacei.
Con riluttanza, poso lo sguardo sulla scura pietra della rocca, trovando sollievo e sbattendo le palpebre numerose volte per scacciare le lacrime ed il bruciore che oramai mi tormentano gli occhi.
"Un mondo curioso, popolato da curiose creature".
Mi accorgo di pensare, tornando con la memoria alle oramai numerose persone che conosco.
"Così all'oscuro per creature che vivono in così tanta luce".
Apro gli occhi per riportare cautamente lo sguardo all'ambiente che mi circonda. Decido di alzarmi, tenendo con una mano la spada, ora affilata, mentre intorpidita dalla lunga seduta mi stiracchio per ravvivare i muscoli indolenziti e scrollo le spalle un attimo prima di riallacciare il fodero alla schiena.
Vento, che mi porta i rumori della città, non poi diversi da quelli che conosco. Ombre che mi sorprendono, riportandomi a tunnel oscuri; ad una vita di luce assente o soffusa; al canto della città, uguale eppure cosi diverso.
Mi fermo dopo le mura e con occhi socchiusi osservo il crepuscolo. Vedo la terra tingersi di sangue, mentre le ombre si allungano e mi sfiorano. Io le accolgo, figure amiche e benvenute, come l'oscurità ed il sollievo che mi porta. Cancellao le ultime macchie di colore, fondendo le forme in distanza e coprendo questa strana terra, rendendola più familiare ed accettabile.
Strade senza pareti di roccia, senza soffitti, non più lo stillicidio lontano che echeggia morbidamente in distanza tra un cunicolo e l'altro, non più il ticchettare di enormi zampe insettoidi sulla pietra. E il vento. Eppure il canto della città è ancora udibile in distanza, cosi diverso dal canto della roccia silente. Questo mondo e senza echi, questo mondo chiassoso che mi stupisce.
Si alza il vento, chiudo gli occhi, assaporo la sua carezza sulla pelle e mi accorgo che sto sorridendo. Sorrido silente nell'oscurità, protetta dall'ombra delle rocce, dalla luce che non abbandona mai questo luogo, neanche durante le ore di buio. Vento che mi porta l'odore distante dei fiori; vento che mi dice che questo mondo non è mai completamente silente; vento che mi porta il canto di questo mondo sempre in movimento.
Apro gli occhi e accarezzo la roccia accanto a me, sentendone sotto le dita la durezza e le irregolarità che mi grattano la pelle, e annuisco.
Il canto delle rocce, nel silenzio, è la musica che preferisco.

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